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Attacco di cuore, quando arriva che fare?

Attacco di cuore, quando arriva che fare?

È una delle malattie più insidiose e temute, perché giunge inaspettata, e colpisce donne e uomini, per lo più di età compresa tra i 40-60 anni.

Dott. Angelo Bruno Ramondo

Con il termine di “infarto” si indica la necrosi (morte) del tessuto muscolare cardiaco o di una parte di esso dovuto ad una brusca interruzione del flusso sanguigno arterioso per occlusione di un arteria che irrora il cuore (coronaria).

Nel caso di infarto miocardico acuto (IMA) viene a mancare l'ossigeno alle cellule del muscolo cardiaco: la causa principale di tale meccanismo è la formazione di un trombo (coagulo) che ostruisce l'arteria o di uno spasmo. L'infarto, è una malattia seria e grave dal punto di vista medico per il rischio di morte: le cause cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo.
 

Quali sono i sintomi premonitori?

Più frequentemente l’infarto si manifesta con dolore. È un dolore abbastanza tipico, localizzato nella parte bassa del torace, dietro lo sterno, di tipo costrittivo, gravativo, un senso di oppressione, raramente acuto e generalmente della durata di alcuni minuti, dai 5 ai 20. Può essere irradiato verso la base del collo, alla spalla, al braccio sinistro ed può essere associato ad altra sintomatologia tipo sudorazione accompagnata a sensazione di spossatezza e mancanza di respiro.
Talvolta accade, soprattutto nei soggetti anziani ed in quelli con diabete, che l'infarto non venga riconosciuto perchè non presenta i classici sintomi.
 

Quali sono le condizioni che lo favoriscono?

È essenzialmente legato ad una malattia delle coronarie, l’aterosclerosi coronarica, che provoca una stenosi (un restringimento) delle arterie che portano sangue al muscolo cardiaco. In queste situazioni il muscolo cardiaco non riceve una adeguata quantità di sangue.
Le condizioni che più frequentemente possono portare a infarto sono: lo sforzo fisico, lo stress emotivo, una crisi ipertensiva, una anemia importante, una aritmia cardiaca, alcune cardiopatie.

Ha una maggiore incidenza nella popolazione maschile nell’età tra 45 e i 65 anni.
Si sente sempre più parlare anche di infarto per la donna, perché? Nell’età fertile il sistema ormonale femminile ha un effetto protettivo per la donna. Dopo la menopausa questo effetto protettivo viene a mancare e anche nelle donne aumenta il rischio di malattie cardiovascolari che diventa uguale a quello dell’uomo.
Si assiste, dunque, ad una maggiore incidenza di infarti nelle donne che hanno superato i 55-60, specialmente quando c'è un eccessivo aumento della pressione arteriosa, della glicemia e del peso corporeo.
 

È un evento prevedibile nella vita?

I fattori di rischio più importanti per le malattie cardiovascolari in generale e per l’infarto in particolare sono essenzialmente di due tipi: quelli familiari, legati a fattori costituzionali; quelli dovuti a cattive abitudini o stili di vita sbagliati come il fumo, il diabete, l'ipertensione, il sovrappeso, la sedentarietà, l’aumento del colesterolo. È in aumento l’incidenza del diabete: il 25- 35% dei pazienti cardiopatici sono diabetici.

La prevenzione e le eventuali cure sono importanti: è opportuno fare controlli per la pressione arteriosa, il diabete, l'obesità. La prevenzione, in genere, richiede tutti quei cambiamenti necessari a modificare lo “stile di vita”, adottando norme e comportamenti più sani.
 

Quali attenzioni bisogna avere?

È importante quindi non fumare, seguire un regime alimentare sano, fare un'attività fisica regolare (camminata quotidiana), non eccedere nel bere. Poi ci sono situazioni in cui è necessario intervenire, come nel caso di persone affette da diabete, o da altre patologie. In questo caso è necessario rivolgersi al medico o allo specialista, per gli opportuni esami e controlli, ma soprattutto per l'eventuale somministrazione di farmaci.
 

E se accade, cosa è importante fare?

Quando si ha un infarto è fondamentale intervenire con tempestività : la tempistica è molto importante nella fase acuta. Prima si arriva in ospedale e meglio è. Infatti i primi 60-90 minuti sono determinanti per “salvare il paziente”. Bisogna chiamare il 118, perché è una lotta contro il tempo e più tempestivo è il soccorso, minore è il danno al muscolo cardiaco e più basso è il rischio di mortalità”.
 

L’intervento è risolutivo?

La cardiopatia ischemica è in declino un po' dappertutto nel mondo occidentale anche se la mortalità per cause cardiovascolari resta la prima a livello mondiale. Grazie alla introduzione della Angioplastica in corso di infarto la mortalità da infarto si è ridotta in maniera importante.

Come si interviene?

Dipende dalla patologia: se si tratta di angina il paziente deve seguire una terapia cardiologia specifica, a seconda della gravità dell'angina che va dalla terapia medica all'interventistica, sia angioplastica sia bypass coronarico.
Se, invece, il paziente ha subito un infarto miocardico acuto, dopo il trattamento di rivascolarizzazione con angioplastica coronarica, si prevede una specifica riabilitazione cardiologica, affinché riprenda l'attività fisica e cardiocircolatoria, lenta a progressiva, seguendo determinati protocolli esistenti nei vari Centri.
 

E la fase di recupero è lunga?

Un paziente con infarto miocardico sottoposto ad angioplastica coronarica, che ha subito un infarto di piccole dimensioni e non ha conseguenze gravi viene dimesso in genere dopo 5-6 giorni di degenza. Il paziente con infarto esteso viene indirizzato alle strutture preposte alla riabilitazione.

La riabilitazione ed una terapia appropriata permetterà al cuore di riprendere la propria funzione. Infatti, oltre il 60% delle persone colpite da infarto miocardico ritornano rapidamente ad una vita normale. Inoltre sono indispensabili periodici controlli cardiologici soprattutto per i pazienti sottoposti ad Angioplastica Coronarica Percutanea con stent: tali controlli dovrebbero essere fatti preferibilmente da un cardiologo interventista che conosce le problematiche.

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