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Lasciamo ai figli scegliere il proprio futuro

Lasciamo ai figli scegliere il proprio futuro

Prima presidente donna degli Industriali in Veneto: “I veri innovatori sono umili: seminano oggi ma i frutti si vedono a lungo termine”

La sua azienda è la sua prima casa. Una dimora che colpisce per pulizia delle linee e ordine estetico. Sarà perché si occupa da una vita di design e arredo o semplicemente per il suo stile essenziale e ricercato, quello che si coglie è un’estrema concretezza nella visione del futuro. Le sue parole d’ordine sono coerenza, fiducia e innovazione. Maria Cristina Piovesana, imprenditrice per prima a diventare presidente in Veneto di una associazione di Industriali (nello specifico quella di Treviso) ha infatti le idee chiare, tanto sul lavoro quanto in famiglia. Sposata, ha due bellissimi figli, già approdati agli studi universitari ed oltre, ma che tutt’ora non rinunciano a chiederle consigli. Ad una condizione, che le scelte poi siano loro a farle.

COME CI SI SENTE CAPITANI D’IMPRESA AL FEMMINILE?

Il mio è stato un percorso lungo ma coerente con la storia di questa azienda dove molti di noi, donne e uomini, hanno avuto la possibilità di crescere. Mi sento quindi a mio agio nel rivestire questo ruolo. Non vedo quindi distinzioni di sesso. È l’esperienza che conta, la voglia di ascoltare e di imparare, dandosi sempre nuovi obiettivi.

CI SONO ESPERIENZE CHE HANNO SEGNATO LA SUA CARRIERA IN AZIENDA?

Ricordo con grande affetto, perché legata a mio padre, un’esperienza che feci in fiera a Milano tanti anni fa. Fu un’opportunità che mi volle dare, una specie di trampolino di lancio. Lì portai a casa il mio primo ordine. Fu un’immensa gioia che non è da meno però dei tanti momenti di quotidiano dove trovo la conferma che la mia strada era proprio questa.

C’È UNA SUA SCELTA CHE HA FATTO CAMBIARE LA ROTTA ALL’AZIENDA?

Quella forte spinta innovatrice data negli ultimi anni andando ad investire sia nel prodotto sia nella tecnologia, scommettendo sul futuro in momenti davvero difficili. È così che abbiamo superato la crisi del 2008 e affrontato gli ultimi sette anni in maniera serena. D’altronde ci chiamano capitani coraggiosi e in questo non ci tiriamo di certo indietro.

UN’IMPRESA PUÒ DAVVERO ESSERE UNA FAMIGLIA?

Lo è di fatto perché ogni giorno viviamo gomito a gomito e le difficoltà degli uni diventano quelle di tutti. Così accade che quando un collaboratore lascia l’azienda per un qualche motivo, sia anche la pensione, è come se andasse via un pezzo della famiglia. L’attenzione va oltre il posto di lavoro, che comprende un obiettivo di vita vera e propria.

DA OLTRE DIECI ANNI È CAVALIERE DEL LAVORO, SI SENTE UN ESEMPIO

Sarebbe un onore esserlo, soprattutto per i giovani. Ho sempre lavorato con umiltà, determinazione e pazienza, fiduciosa nei miei mezzi, convinta che col sacrificio poi i risultati arrivano. In questo vorrei essere un esempio: se ci sono arrivata io che sono una persona normale, chiunque può arrivare, a patto che ci sia spirito di sacrificio. Il valore si sedimenta nel tempo.

I SUOI FIGLI OGGI SONO GRANDI. COME LI HA CRESCIUTI?

Se da un lato devo ringraziare la mia famiglia e quella di mio marito che ci sono sempre state d’aiuto sento di aver dedicato loro tutte le attenzioni possibili. Sono un figlio e una figlia responsabili, bravi studenti e sereni nelle loro scelte. Il continuo confronto con loro è stato un esercizio importante. Li abbiamo seguiti intensamente e vissuto tutte le fasi della loro crescita.

COME HANNO SCELTO L’UNIVERSITÀ?

Li abbiamo seguiti lasciando però che facessero le loro scelte in autonomia, pretendendo che ci fosse serietà e senso di responsabilità.

RIVEDE IN LORO I SUOI PREGI E I SUOI DIFETTI?

Entrambi sono un mix di noi genitori. Hanno una loro personalità di cui a volte mi stupisco anch’io. Vedo un giovane uomo e una giovane donna con la volontà di essere indipendenti e determinati che seguono la loro strada. Se si incrocerà con quella dell’azienda di famiglia ben venga ma non saremo certo noi ad obbligarli. Il loro destino devono essere loro a deciderlo.

IL TEMPO CON I FIGLI. PIÙ QUANTITÀ O QUALITÀ?

Ho tantissimi bei ricordi di vita familiare così come non c’è stata una vacanza che io abbia fatto senza di loro. Da mamma ho sempre la sensazione di non aver fatto abbastanza. Ma a volte arrivano delle conferme inaspettate, come quella volta che a Milano chiesero a mio figlio come facesse con una mamma sempre al lavoro. La risposta fu spiazzante: mia mamma c’è sempre stata ogni volta che avevo bisogno di lei.

PRIMA PRESIDENTE DONNA DEGLI INDUSTRIALI, COSA È CAMBIATO CON LEI?

Ogni presidente porta in associazione la propria sensibilità. A Treviso ho trovato un lavoro eccezionale. A questo ho aggiunto l’attenzione alle persone, nella convinzione che il benessere deve essere condiviso a 360 gradi. Inoltre, la volontà di fare rete che ci ha permesso di costruire relazioni importanti, con le Istituzioni, la scuola, il sociale, le altre associazioni di imprenditori. Questo ha portato alla integrazione tra i nostri due sistemi, di Padova e Treviso.

COM'È NATA LA SUA CARRIERA ASSOCIATIVA?

Ho ricalcato le orme di mio padre che è stato il promotore della fusione tra l’Associazione piccole imprese e Confindustria, dando vita al tempo a Unindustria Treviso. Fu lui ad incoraggiarmi ad entrare nel consiglio generale della Associazione trevigiana. Ho scelto di farlo con impegno, come attività di volontariato, e oggi sono orgogliosa di averlo fatto. Lo ringrazio perché mi ha dato una grande opportunità, di aprire il mio orizzonte e lavorare per un obiettivo più alto.

COME LA FUSIONE DELLE ASSOCIAZIONI DI PADOVA E TREVISO?

Questo è un primo passo verso la regionalizzazione, la creazione di una unica associazione veneta. Mettersi insieme richiede coraggio e forte determinazione a superare tutti gli incidenti di percorso. Gli ostacoli sono i campanilismi, andare avanti significa valorizzare le singole identità e unicità ma all’interno di un progetto più ampio.

DA TREVISO ALL’ITALIA. COSA OCCORRE OGGI PER UNA RIPRESA ECONOMICA?

L’Italia ha la fortuna di avere ottimi ingredienti. Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa e potremmo arrivare ad essere addirittura il primo. Servirebbe però più stabilità politica, più disponibilità ad innovare ed un salto culturale. Non esistono cambiamenti veri che non richiedono tempo. Bisogna avere l’umiltà di investire in progetti a lungo ed ampio respiro, consapevoli che i frutti non li raccoglieremo noi ma le generazioni future.

 

Testo di Marco Ceotto
Foto di Marco Milillo


 

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