Molto ci sarebbe da dire sulla terapia dell’ernia discale ma per motivi di spazio mi limito a tre brevissime considerazioni e precisamente:
a) per fortuna da almeno quarant’anni il numero di interventi per ernia del disco si è ridotto in maniera drastica dal momento che nei follow-up si è visto che a distanza di tempo un’altissima percentuale di pazienti operati ha sviluppato quella sindrome che gli americani hanno definito FBSS cioè letteralmente “mal di schiena da fallimento della chirurgia”. Attualmente quindi l’intervento viene proposto solo in presenza di gravissimi deficit neurologici e di dolori resistenti ad ogni trattamento;
b) di contro hanno assunto sempre maggior rilevanza le terapie conservative che sono praticamente prive di effetti collaterali, se eseguite da mani esperte, e non precludono, anzi giustificano ancor più in caso di fallimento delle stesse, il ricorso all’atto chirurgico con approccio mininvasivo;
c) tra le varie terapie conservative trova ampia applicazione l’uso dell’ozono che, somministrato localmente per varie vie (intradiscale, peridurale, intraforaminale, paravertebrale) ha dimostrato grande efficacia nel ridurre le dimensioni dell’ernia e l’entità del conflitto disco radicolare con un netto miglioramento della ossigenazione della radice interessata e dell’edema radicolare con una significativa riduzione della sintomatologia dolorosa.
giuseppe.amato@medicinamoderna.tv
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