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La diagnosi del dolore pelvico cronico: i fattori di rischio e gli esami

La diagnosi del dolore pelvico cronico: i fattori di rischio e gli esami

La sindrome da dolore pelvico cronico è una condizione complessa che necessita di una diagnosi approfondita e multidisciplinare. Ne parliamo con il dott. Alberto Vianello, urologo.

Dott. Alberto Vianello

Il dolore pelvico è un dolore che coinvolge le strutture presenti nel bacino di uomini o donne. La forma cronica può essere suddivisa, da un lato, in una condizione con una causa patologica ben definita (come infezione o cancro) e, dall’altro, in una condizione senza patologia evidente, ma che prevede, comunque, meccanismi biologici come causa. Quest'ultima è classificata come sindrome da dolore pelvico cronico.

1 Cos’è il Dolore Pelvico Cronico?

È un dolore cronico e persistente, percepito nelle strutture correlate al bacino di uomini o donne, quando non vi è alcuna provata infezione o altra evidente patologia locale che possa spiegare il dolore stesso. 

Perché rientri in questa categoria di dolore, perché sia definito cronico, esso deve essere stato continuo o ricorrente per almeno tre mesi

Per il dolore pelvico cronico correlato, invece, con il ciclo mestruale è appropriato considerare un periodo più lungo, sei mesi. Esso viene incluso nella classificazione, in particolare, se c'è evidenza di sensibilizzazione centrale, dismenorrea (ormonalmente dipendente) e se è persistente.

Il dolore pelvico cronico é spesso associato a conseguenze cognitive, comportamentali, sessuali o emotive negative, nonché a sintomi indicativi di patologie urologiche, di disfunzione sessuale, intestinale o ginecologica.

2 Quali sono le cause del DPC?

Per quanto riguarda l’eziologia e la patogenesi va detto che nel corso degli anni gran parte dell'attenzione per questa condizione si è concentrata sui meccanismi che coinvolgono gli organi periferici, come le condizioni infiammatorie o infettive.

Tuttavia, la ricerca ha indicato che molti dei meccanismi alla base coinvolgono il sistema nervoso centrale

Uno stimolo che parte da un organo periferico come, ad esempio, un'infezione, può avviare una condizione di questo tipo, ma essa può poi auto-perpetuarsi per effetto dell’attività del sistema nervoso centrale. Questa attività esercitata dal sistema nervoso centrale spiega quindi non solo il dolore ma anche molti altri fenomeni sensoriali, funzionali, comportamentali e psicologici.
È questa complessità fenomenologica che si pone alla base della diagnosi della sindrome del dolore pelvico cronico e ogni singolo fenomeno deve essere pertanto affrontato singolarmente attraverso un'assistenza multispecialistica e multidisciplinare.

È una condizione che incide seriamente sulla qualità della vita sociale, familiare e lavorativa delle persone, con differenze tra i paesi attribuibili a molteplici cause.
Uno studio del Regno Unito ha rilevato che il dolore pelvico cronico colpisce prevalentemente il 14,8% delle donne di età superiore ai 25 anni.

3 Quali sono i fattori di rischio della sindrome da dolore pelvico cronico?

I fattori di rischio alla base del dolore pelvico cronico includono molti elementi in varie aree, tra le quali:

  • la genetica
  • lo stato psicologico
  • i traumi fisici ricorrenti
  • i fattori endocrini

Eventi significativi della vita infatti e, in particolare, eventi della prima infanzia possono alterare lo sviluppo dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene, di conseguenza, le sostanze chimiche rilasciate, determinano un’aumentata vulnerabilità allo stress. Questa è, in parte, dovuta all'aumento dell'espressione genica dell'ormone di rilascio della corticotropina che sembra implicato in diversi stati di dolore attraverso un'azione sui mastociti. 

Anche gli ormoni sessuali sembrano modulare la percezione del dolore, mentre lo stress può produrre cambiamenti biologici a lungo termine che determinerebbero la relazione tra sindromi dolorose croniche e significativi eventi precoci e avversi della vita.

Studi su gemelli identici hanno ipotizzato che anche la genetica giochi un ruolo nello sviluppo del dolore cronico. Un individuo che ha una sindrome da dolore cronico, infatti, mostra maggiori probabilità di svilupparne un’altra e talvolta fa parte di gruppi familiari con condizioni di dolore cronico.

Il quadro resta comunque complesso, in quanto il dolore pelvico cronico è significativamente influenzato anche da fattori di sviluppo, ambientali e sociali.

Il ruolo dei fattori psicologici

Gli studi sull'integrazione dei fattori psicologici in questa condizione, anche se non sono molti, sono però di alta qualità e spiegano come i fattori psicologici sono costantemente rilevanti nel mantenimento del dolore pelvico e urogenitale persistente.
Le convinzioni che il paziente sviluppa sul dolore contribuiscono all'esperienza stessa del dolore, mentre l'ansia correlata ai sintomi e l'amplificazione del dolore centrale possono essere collegate in modo misurabile, mentre il pensiero catastrofico sul dolore e lo stress percepito predicono il peggioramento del dolore cronico urologico in un tempo, talvolta, breve. 

Questa sensibilizzazione centrale è stata dimostrata nell'endometriosi sintomatica, mentre i cambiamenti a carico del sistema nervoso centrale sono evidenti in associazione con la dismenorrea e sempre più riconosciuti come un rischio per il dolore pelvico femminile; infatti i vari meccanismi di facilitazione, amplificazione e fallimento dell'inibizione a livello del sistema nervoso centrale mostrano che non esiste una relazione semplice tra i risultati fisici, l'esperienza del dolore e il conseguente disagio e la riduzione delle attività. 

Il dolore pelvico cronico può anche essere correlato sia negli uomini che nelle donne al disturbo d’ansia. Resta comunque difficile stabilire questa correlazione in quanto vi può essere una relazione inversa ovvero è la sindrome del dolore pelvico cronico che può essere influenzata dalla depressione e/o dalla salute fisica generale del/della paziente.

Alcuni studi hanno, inoltre, ipotizzato una significativa correlazione tra abusi sessuali in epoca più o meno recente e la comparsa di un quadro di dolore pelvico cronico, soprattutto nelle donne, ma anche per i maschi sembra esservi una correlazione.

4 Come si esegue la diagnosi del DPC?

La diagnosi del dolore pelvico cronico si incentra su un’accurata anamnesi.
Poiché la diagnosi delle sindromi dolorose dipende dalla valutazione dei sintomi che lamenta il paziente, sintomi che derivano da una storia di dolore percepito nella regione del bacino, in assenza di altra patologia e che dura da almeno tre mesi. 

Questo implica necessariamente che devono essere escluse tutte le altre possibili origini organiche che siano causa di un dolore pelvico specifico e quindi secondario a:

  • infezione batterica
  • cancro
  • patologia indotta da farmaci
  • malattia anatomica o funzionale primaria degli organi pelvici
  • malattia neurogena

Come accennato sopra è fondamentale la valutazione della presenza di un eventuale disturbo d’ansia o di depressione.
Esso, però, risulta di difficile diagnosi in questi pazienti a causa della difficoltà nell’applicare i criteri che sono abitualmente utilizzati per la diagnosi di queste condizioni perché di solito essi non presentano altre patologie organiche o funzionali come il dolore pelvico cronico. 

Spesso, nel paziente con il sospetto di dolore pelvico cronico l'ansia secondaria al dolore si riferisce alla paura di un possibile errore diagnostico che pensa essere in agguato (il cancro come causa del dolore) o alle incertezze che esistono sul trattamento e sulla prognosi di questa condizione. 

Resta tuttavia che la depressione o gli stati d'animo depressi sono comuni nel dolore cronico e, spesso, correlati alle perdite alle quali può portare questa patologia (lavoro, attività ricreative, relazioni sociali, ecc.). Per tali motivi, e per i limiti degli strumenti diagnostici di queste condizioni d’ansia e depressione in questi pazienti ai quali abbiamo appena accennato, se lo stato emotivo del paziente desta preoccupazione, in fase diagnostica è indicato il confronto con specialisti come psicologo e psichiatra.

5 Gli esami urologici per diagnosticare la sindrome da Dolore Pelvico Cronico

Per quanto di pertinenza urologica dovrebbe essere presa in considerazione una cronologia dettagliata delle funzioni del basso apparato urinario, in quanto le sue disfunzioni possono esacerbare i sintomi, e perché il dolore può interferire con la sua funzione.
Gli aspetti minzionali devono essere indagati globalmente e approfonditamente e particolare attenzione dovrebbe essere prestata alle eventuali correlazioni che vi sono tra la minzione e l'esperienza del dolore. 

Per quanto concerne il dolore prostatico primario, esso viene diagnosticato per la presenza di una storia di dolore percepito nella regione della prostata (riprodotto in modo convincente dalla palpazione della prostata) e in assenza di altra patologia a carico del basso apparato urinario.
Bisogna valutare il tipo di dolore, la sua localizzazione e se è irradiato in altre zone pelviche al di fuori della prostata come perineo, retto, pene, testicoli e addome e bisogna valutare anche la funzione sessuale. 

Per il dolore vescicale primario questo viene diagnosticato per l’associazione tra dolore, pressione o disagio nella zona della vescica con almeno un altro sintomo, come l'aumento della frequenza urinaria diurna e/o notturna. La natura del dolore è la chiave per la definizione della malattia. Deve essere percepito come dolore, pressione o disagio nella sede anatomica della vescica e che aumenta con l’aumentare del volume vescicale; deve avere una localizzazione sovrapubica, anche se può irradiarsi all'inguine, alla vagina, al retto o al sacro; deve trovare sollievo nella minzione anche se spesso tende a ripresentarsi rapidamente dopo di essa.

6 Il trattamento del Dolore Pelvico Cronico

La terapia del dolore pelvico cronico si basa su un modello bio-psicosociale, un approccio globale con il coinvolgimento attivo dei pazienti; infatti, i singoli interventi raramente funzionano se applicati in modo isolato e devono essere considerati all'interno di una più ampia strategia di gestione personalizzata, che includa il coinvolgimento del paziente stesso. 

Gli interventi, farmacologici e non, che includono psicologia, fisioterapia, farmaci e interventi più invasivi dovrebbero essere considerati con una chiara comprensione dei potenziali esiti e degli obiettivi finali desiderati.

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